Il decreto sicurezza bis è stato approvato, sommando nuove misure a quanto già introdotto dal precedente ddl in materia di sicurezza e immigrazione. Finalmente sono chiarissimi a tutti i progetti che la destra guidata da Salvini ha in cantiere per il futuro dell’Italia. Non è esagerato dire che la Lega ha un piano politico ben preciso. Innanzitutto in materia economica: un pacchetto neoliberista condito di nazionalismo corporativista. La retorica di Salvini è totalmente orientata in questo senso: parla spesso di lavoro suggerendo che le difficoltà economiche sono comuni a tutti gli italiani, al di là del ruolo sociale che ricoprono. Il problema – secondo questa narrazione – è tutto nell’Unione Europea delle banche e dei signori della finanza, nelle multinazionali che schiacciano gli imprenditori nostrani, nei migranti che rubano il lavoro agli italiani. Se non fosse per queste cause esterne l’Italia sarebbe il paese dei balocchi, quindi che i lavoratori strigano i denti e si alleino con i loro padroni e padroncini italiani; ai nemici ci penserà il governo leghista.
Questa però è solo retorica. Gli unici stranieri veramente attaccati sono i migranti, non le multinazionali; agli imprenditori italici invece è stato fatto solo un regalino con il ddl sblocca cantieri: semplificazione burocratica e (soprattutto) riduzione di controlli sul sistema di appalti e subappalti. Salvini non avrà risolto la crisi, ma perlomeno ora potrà contare su una buona clientela di speculatori e mafiosi locali e, finalmente, anche Confindustria inizierà a guardarlo con l’amore che merita.
Cantiere Alta Velocità Torino-Lione (Chiomonte, 2011)
È inutile pensare che Salvini e i suoi siano un branco di incapaci e incoscienti: sanno benissimo, dal punto di vista economico e da quello politico, che cosa stanno facendo. Sul piano economico sono consapevoli che le soluzioni prospettate possono funzionare solamente al costo di un’impennata della tensione sociale; dal punto di vista politico, riescono comunque ad aumentare il consenso collocandosi in una situazione retoricamente contraddittoria, al governo (Salvini è il ministro degli interni) ma anche, a parole, all’opposizione (la colpa di tutto quel che non va è dei 5S che bloccano sempre tutto). Se il governo cadrà questa situazione dovrà chiarirsi, e non è detto che un governo tecnico di diverso orientamento non possa favorire elettoralmente le destre, che dando la colpa a qualcun altro (la sinistra perbenista, la politica distante dagli interessi del popolo…) puntano a vincere le prossime elezioni, fra tre mesi o tre anni, portando avanti il proprio progetto economico. Monterà il dissenso?
Non è allarmistico pensare che le intelligenze politiche in campo sappiano benissimo che in Italia potrebbe presentarsi un problema di tenuta sociale. Non si intravede nessuna via d’uscita da questa fase economica, l’accumulazione di ricchezza continua a senso unico (verso l’alto) e le disuguaglianze aumentano, a un certo punto le chiacchiere potrebbero non bastare più e i problemi potrebbero venire a riscuotere il loro tributo. Tutti in parlamento sanno che le lotte e le forme di organizzazione politica conflittuale in questi anni sono andate crescendo e che, dunque, potrebbe porsi la necessità di conservare l’ordine istituzionale; gli strumenti repressivi quindi servono alla destra tanto quanto alla sinistra di palazzo; non illudiamoci che il PD rimuoverà mai le parti più poliziesche dei due ddl sicurezza. Per conservare il potere bisogna dotarsi per tempo degli strumenti adatti alla repressione del dissenso e, magari, impedire la coesione sociale e politica tra la popolazione iniziando (o meglio continuando) a criminalizzare i lavoratori e chi fa politica di base.
Reparto mobile della Polizia di Stato (Genova, 2001)
Si spiega così la necessità dei due decreti sicurezza. Innanzitutto il progetto politico della destra prevede la criminalizzazione del migrante con due intenti precisi e consequenziali. A fronte di tanto chiasso, di tanti insulti alle Ong, nei fatti la Lega non sta facendo molto per contrastare concretamente l’arrivo dei migranti – per fortuna verrebbe da dire –, in questo riusciva meglio Minniti (ministro dell’interno dell’ultimo governo a guida PD). Salvini non si presenta ai tavoli europei sulla questione immigrazione. Preferisce creare lo scandalo per il caso di Carola Rackete per aver salvato dal mare 42 migranti; e mantenere un silenzio pressoché totale sui gommoni degli scafisti che (quasi contemporaneamente) scaricavano un centinaio di migranti a Lampedusa. La volontà della Lega è infatti quella di criminalizzare il migrante, per poter approfittare della sua forza lavoro a prezzi vantaggiosi. Ciò, evidentemente, concorre alla riduzione complessiva del costo del lavoro. Gli immigrati – anche in base al fatto che siano in Italia legalmente o no – sono impiegati soprattutto in agricoltura, in fabbrica e nell’edilizia; ovviamente i loro stipendi sono più bassi con ricadute ben oltre la loro categoria di impiego. L’abbassamento del costo del lavoro in alcuni settori ha effetti negativi nel complesso del mercato della forza lavoro, almeno fino a tutte le fasce medie. È evidente il motivo per cui l’imprenditoria nostrana ama sempre di più Salvini. Spesso il lavoratore non politicizzato non ha la forza di prendersela con i ceti dominanti per poter ricontrattare al rialto la sua situazione lavorativa, è spinto quindi a scaricare la pressione su chi è in posizioni più svantaggiate di lui. Purtroppo questa strategia difficilmente consegue i risultati sperati; chi dà il suo consenso a Salvini, in fin dei conti, se la prende con un altro lavoratore e indebolisce tutti i prestatori di forza lavoro; compreso sé stesso.
Raccolta di pomodori (Italia, 2018)
La lotta all’emigrato, inoltre, permette di avvantaggiarsi di un presunto nemico interno così da poter alimentare la paura, tradizionalmente il modo migliore per giustificare la presunta situazione emergenziale e lo stato d’eccezione perenne con il quale si implementa il regime poliziesco. Potremmo ripetere che in Italia il numero di omicidi continua a scendere ogni anno, assestandosi su quota 350 contro i 1500 dei primi anni Novanta; eppure non faremo scomparire l’assordante richiesta di sicurezza dell’elettorato.
Ecco allora giustificato il consenso ampio attribuito ai due decreti sicurezza: spacciati come misure di prevenzione all’invasione dal Mediterraneo e di tutela del cittadino che difende la propria casa, in realtà sono misure fortemente improntate alla repressione della lotta politica e alla dissuasione delle pratiche del dissenso. Solo qualche esempio. Il reato di blocco stradale – introdotto nel primo decreto sicurezza – è stato elaborato appositamente contro gli scioperi e i picchetti della logistica, e cioè contro una delle forme di conflitto che più hanno infastidito i nostri ceti dominanti. Ora per questa forma di sciopero è previsto il carcere fino a 6 anni. Non aspettiamoci nessuna clemenza dal magistrato che interverrà a giudicare simili reati; basti pensare che il 18 giugno nella sua relazione al senato la Commissione di garanzia sullo sciopero ha comunicato la sua volontà di ricondurre tra i servizi essenziali anche l’attività di consegna merci di SDA; tradotto significa che per essere legale lo sciopero dovrà seguire una serie di limitazioni di legge (preavvisi; durata massima; garanzia del livello minimo di funzionamento) previsti, ad esempio, per i medici del pronto soccorso. In altre parole la consegna a domicilio del pacco Amazon è un servizio essenziale volto a soddisfare i diritti costituzionali del cittadino tanto quanto la sanità pubblica. Chiaramente è accanimento contro i lavoratori e i loro strumenti di tutela dallo sfruttamento, tanto che la Commissione arriva a dichiarare che lo sciopero è un problema in quanto tale perché «finisce per aggravare la già precaria situazione economica in cui versano i prestatori di lavoro». Il progetto politico è quindi chiarissimo, ma non si ferma qui.
Magazzino Amazon (Vercelli, 2018)
L’occupazione di proprietà privata (immobili e terreni) è sanzionato da 1 a 3 anni di prigione, così da poter spezzare le reni ai vari comitati e collettivi che in questi anni si sono impegnati per il diritto all’abitare. L’uso del casco in manifestazione – strumento di difesa personale e non offensivo – sarà multato da 2.000 a 6.000 euro e con 2 o 3 anni di carcere. Oppure (forse l’enormità più grande) sono stati disposti fino a 4 anni di carcere per «chiunque, nel corso di manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegalmente […] strumenti per l’emissione di fumo»; il carcere per dei fumogeni? A tutto ciò si associa un maggior uso delle intercettazioni telefoniche e l’ampliamento della platea di soggetti che possono accedere al Ced (la banca dati del Viminale); in breve: controllo, controllo, controllo.
La consapevolezza dei leghisti rispetto all’aumento della povertà a cui si andrà incontro in Italia nei prossimi anni è tale che nel decreto sicurezza sono state implementate le misure sul Daspo, ora valide anche per i presidi sanitari e le fiere. In sintesi che poveri, senzatetto, prostitute, tossicodipendenti e tutti i disperati del mondo si tolgano dalla vista, soprattutto perché saranno sempre di più.
Città ideale (Tempera su tavola. Autore sconosciuto, 1470-1490)
Da questi decreti impariamo, quindi, almeno tre cose. La prima è che non abbiamo davanti dei buzzurri incompetenti che marciano a vista, ma dei politici consapevoli e pericolosi. La seconda è che la china su cui piega l’economia italiana ci porta progressivamente verso l’abisso: non saranno i nostri imprenditori e i nostri politici a salvarci, ma solo il conflitto politico, unico strumento con cui si possano cambiare i rapporti di forza in campo. La terza è che le classi dirigenti italiane sanno benissimo che il conflitto sta montando, forse non si rendono conto che è l’unica soluzione possibile alle miserie (non solo economiche) che stiamo vivendo; di certo temono (e giustamente) la loro potenziale perdita di potere. In altre parole, tanta ferocia nel mettere in cantiere gli strumenti della repressione indica chiaramente anche un certo grado di angoscia; forse in parlamento sanno meglio di noi quanto sia alto il livello di tensione sociale.