2. Libertari: il lavoro autonomo in Italia

Siamo rimasti d’accordo […] Sul vantaggio di potersi misurare, del non dipendere da altri nel misurarsi, dello specchiarsi nella propria opera. Sul piacere del veder crescere la tua creatura, piastra su piastra, bullone dopo bullone, solida, necessaria, simmetrica e adatta allo scopo, e dopo finita la riguardi e pensi che forse vivrà più a lungo di te, e forse servirà a qualcuno che tu non conosci e che non ti conosce


P. Levi, La chiave a stella, cit., p.143

Il desiderio di realizzare se stessi nel lavoro, le rivendicazioni di orizzontalità, autonomia e libertà espresse da Faussone si sono estese ad ampi strati sociali e attraversano in generale la cultura del nostro tempo, non solo il lavoro; anche il rapporto degli individui con la famiglia, oppure con la scuola, lo Stato e le istituzioni in generale. Ma se dovessimo cercare una figura che in particolare incarna Faussone siamo istintivamente portati a pensare ai lavoratori indipendenti, ai freelance. Va precisato che il lavoro autonomo è un’ampia galassia che comprende figure classiche come artigiani, commercianti, edili, ma anche i liberi professionisti riuniti in ordini. L’alto tasso di lavoro autonomo è una caratteristica peculiare del sistema produttivo italiano che, strutturato per piccole e medie imprese, si è sviluppato lungo tutto il secondo Novecento su una rete amplissima di lavoratori autonomi. La quantità di pizzerie e gelaterie artigianali, il numero di barbieri o di piccoli autotrasportatori o di elettricisti ci parla di questo fenomeno. Si dice persino che Roma abbia tanti architetti quanto tutta la Francia; questa peculiarità tuttavia si sta attenuando, e il calo del lavoro autonomo ci parla dell’andamento economico degli ultimi anni: complice la crisi, subentrano aziende più strutturate e potenti, indice della tendenza all’accumulo di ricchezza.

IL DESIDERIO DI REALIZZARE SE STESSI NEL LAVORO, LE RIVENDICAZIONI DI ORIZZONTALITÀ, AUTONOMIA E LIBERTÀ ESPRESSA DA FAUSSONE SI SONO ESTESE AD AMPI STRATI SOCIALI E ATTRAVERSANO IN GENERALE LA CULTURA DEL NOSTRO TEMPO

Ad ogni modo, non è questo lato del lavoro autonomo a destare il maggior interesse. Sia perché si tratta di una tipologia di lavoro di lunga durata, e soprattutto perché i sommovimenti più importanti all’interno del sistema produttivo si misurano altrove. In questo momento è una particolare porzione di lavoro autonomo, e cioè quello di seconda generazione, a essere più indicativo dei cambiamenti in corso, e nello stesso tempo ad essere il fenomeno più in continuità con le spinte anti gerarchiche degli anni Settanta.​

È difficile dire quanti siano i lavoratori autonomi di seconda generazione. Gli studi sono pochi e non ci sono fonti statistiche affidabili. Non solo per questa categoria non esiste una definizione condivisa, ma non esiste nemmeno un nome unico; vengono nominati lavoratori autonomi di seconda generazione, professionisti autonomi, lavoratori indipendenti, liberi professionisti, i-pros o più semplicemente partite iva. Se manca addirittura un nome condiviso, si può facilmente immaginare che non sia nemmeno ben chiaro quale sia l’oggetto della questione; si capisce quindi come le fonti statistiche non siano attendibili. Istat compresa: la classificazione del lavoro autonomo viene fatta con categorie da aggiornare, e coinvolge soprattutto imprenditori, liberi professionisti e lavoratori in proprio; e spesso la collocazione del lavoratore in una categoria piuttosto che in un’altra è demandata alla sua autocoscienza, e qualche volta quest’ultima sembra restia a farsi inquadrare nelle caselline in cui le analisi statistiche pretendono di ridurla.

In ogni caso le nominazioni più precise parlano di lavoratori autonomi di seconda generazione o di professionisti autonomi. E per ora i dati più affidabili sembrano venire dagli studi di ACTA[1]; nel 2016 i professionisti autonomi sono stati stimati in oltre due milioni, rappresentano quindi il 9,1% di tutti i lavoratori sul suolo nazionale e oltre il 38% del lavoro autonomo nel suo complesso. E, meglio precisarlo, il dato è sicuramente sottostimato: ci sono persone che svolgono un’attività autonoma parallelamente a un impiego dipendente, altri che pur assimilabili a un lavoratore indipendente preferiscono farsi inquadrare come dipendenti con cooperative o altri stratagemmi. Si tratta inoltre di numeri in aumento; mentre il lavoro autonomo complessivo in Italia è sceso del 10% negli ultimi 10 anni, i lavoratori autonomi di seconda generazione sono aumentati del 3,3%.

Possiamo quindi credere che si tratti di un fenomeno rilevante in termini quantitativi. Lo è certamente di più dal punto di vista sociale e culturale. Chi sono e cosa fanno i lavoratori autonomi di seconda generazione? Il problema è più complicato di quanto si possa credere: «mia mamma non ha ancora capito che lavoro faccio», mi dice un’intervistata quando le chiedo se si sente riconosciuta socialmente come lavoratrice; «come faccio a sentirmi riconosciuto? Se i mei ancora pensano che passo il tempo a giocare al pc e io non riesco a capire quanto guadagno in un anno?» insiste un altro sullo stesso tema.

Si tratta di lavori fluidi, caratterizzati spesso da identità professionali plurime, per cui la stessa persona svolge mansioni differenti e anche con inquadramenti diversi; tracciare delle linee non è semplice. Abbiamo a che fare con nuovi lavori, legati alla cultura, a servizi alle aziende o al cittadino, e generati dai recenti sviluppi tecnologici, in molte occasioni si parla di lavori creativi: l’ingegnere che fa il web designer; il copywriter che fa anche il pubblicitario; il traduttore che fa anche corsi di lingua. Ma non solo, in molti casi si tratta di lavori tradizionali che hanno subito processi di esternalizzazione dalle aziende: il tecnico informatico assunto da una sola impresa, ora è il consulente di sei committenti diversi.

La faccenda resta fumosa perché non ha ancora conquistato uno spazio mentale adeguato, per vederci chiaro e capire chi sono e come vivono i lavoratori autonomi di seconda generazione bisognerebbe andare a parlarci e raccontare la loro storia.

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