2. Compagni e fratelli

Il sogno di Achille Occhetto è un sogno semplice: costruire una nuova forza politica capace di aggregare tutte le forze di sinistra progressiste e riformatrici che, anche se non si riconoscono nel Partito Comunista e nella sua tradizione storica, assieme a questo possono costruire un soggetto pluralista capace di rompere il blocco del sistema politico e proporre un’alternativa di governo all’altezza dei tempi. Il mondo nuovo ha bisogno di una forza nuova che sappia governare il cambiamento in atto. Personalmente non mi sono proposto di volare alto. L’appello che parte dal PCI è aperto a tutti: ai socialisti, alla sinistra della Democrazia Cristiana, ai Verdi, ai Radicali, ai movimenti pacifisti e ambientalisti, al movimento delle donne, al movimento studentesco, all’associazionismo cattolico, alla società civile in ogni sua articolazione; a chiunque non si senta rappresentato nell’attuale gioco politico. Il campo degli interlocutori è delimitato da quattro aggettivi: democratico, progressista, riformista e di sinistra. Il fine è quello solito: la liberazione dell’uomo e il socialismo inteso come processo di democraticizzazione integrale della società.

Dal seme del PCI si apre alle nuove componenti per procedere verso la strada maestra di un ordine sociale ed economico più giusto e più umano. I modi sono quelli della democrazia costituzionale e di una trasformazione qualitativa della realtà, fuori da qualsiasi utopismo da momento finale della storia conseguente ad una presa di potere da parte della sinistra. È fondamentale apparire credibili.

Se il sogno di Achille Occhetto è un sogno semplice, il compito che si è dato è ben più difficile. L’uditorio che vuole convincere è più che mai variegato: da una parte bisogna parlare ai militanti del PCI, confortare la loro necessità di continuità con la tradizione comunista, i valori sui quali hanno costruito coscienza politica e identità personale, il loro smarrimento di fronte alla fine del socialismo reale che – per quanto criticato dai comunisti italiani a partire dal ’56 – rimaneva un’alternativa esistente al mondo capitalista, al suo modello di produzione e ai suoi problemi; noi vogliamo cambiare molte cose, ma non vogliamo uscire dal solco storico da cui proveniamo, vogliamo allargarlo. Dall’altro lato Achille Occhetto deve parlare all’intero arco democratico e progressista della società italiana esterno al PCI, alla sua tradizione e ai suoi valori, deve convincerli che quelli del PCI non sono più i soliti comunisti; noi diciamo chiaramente che il socialismo reale ha prodotto sofferenze non minori di quelle contro le quali era sorto e che perciò ha tradito la causa della liberazione umana. È un esercizio di equilibrismo: un accenno alla tradizione comunista, uno al valore della democrazia occidentale; una citazione di Gramsci, una di Papa Giovanni Paolo II; uno sguardo orgoglioso alla storia del movimento operaio; una critica alla mancanza di libertà dei paesi dell’est. D’altronde se il bipolarismo è finito c’è bisogno di qualcuno che inizi a pensare al futuro del mondo fuori da quello schema.  Mutano i termini del conflitto ideale, politico e sociale su scala planetaria. Questo conflitto è stato caratterizzato fino ad identificarsi con quello tra i due blocchi contrapposti e tutto ciò ha cristallizzato e distorto la lotta per il socialismo a oriente e a occidente. Non c’è dubbio che la sinistra europea sia stata condizionata e che la sinistra americana non abbia potuto svilupparsi perché lo scontro tra sinistra e destra si è identificato con lo scontro tra i due blocchi, tra due campi: quello cosiddetto socialista e quello capitalistico. È necessario un ripensamento generale delle posizioni politiche fuori dagli schieramenti determinati dalla conformazione geopolitica propria della Guerra Fredda e dai suoi semplici schematismi, unire quello che Yalta ha diviso: il meglio della tradizione democratica e il meglio della tradizione comunista. La caduta del muro di Berlino segna allora uno spazio di possibilità inedita nel quale un nuovo modello di sinistra – italiana e europea – possa reinventarsi risolvendo i giganteschi errori e le criticità del passato, abbattendo gli steccati ideologici che per troppo tempo hanno tenuto separato i compagni dai compagni e i fratelli dai fratelli (e i fratelli dai compagni).

LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO SEGNA ALLORA UNO SPAZIO DI POSSIBILITÀ INEDITA 

Si tratta di unire due ideali che nel nostro secolo sono stati contrapposti: l’ideale di libertà e l’ideale di uguaglianza.  Oggi noi vediamo chiaramente come a est la mancanza di libertà ha prodotto costi e sofferenze enormi impedendo all’uguaglianza stessa di affermarsi e vediamo come a ovest, il difetto di uguaglianza teso continuamente a ridurre la libertà a volontà di dominio ha impedito un’espressione piena e universale della stessa libertà. Questa contrapposizione è all’origine di altre: quella tra stato e mercato, socialismo e democrazia. Considerati di volta in volta rispettivamente l’uno come il bene e l’altra come il male.

1 reply to 2. Compagni e fratelli

Comments are closed.