La società civile scende in campo: un titolo di giornale adottabile e adottato per una miriade di occasioni della vita politica italiana. Basta googlarlo per vedere quanti risultati si ottengono e a proposito di quante tematiche e situazioni. La società civile scende in campo per i diritti, per un referendum, per cambiare la politica; la società civile scende in campo contro la mafia, contro la droga, contro il malaffare…Quello di società civile è un concetto passepartout, disponibile a tanti discorsi ma proprio per questo la porzione di realtà che tenta di indicare risulta poco definito. Come molti concetti è più facile definirlo per accerchiamento – delimitando il suo spazio e segnandone i confini – che non tramite una definizione da dizionario.
Prima di essere categoria politico-giornalistica società civile è una categoria della filosofia politica che matura e trova significato a fianco dell’idea di Stato moderno. Nel XVIII secolo con Rousseau, Locke e Hobbes si definisce opponendosi allo stato di natura e alle società primitive e tende a coincidere con il concetto di civiltà o società (società civile / società naturale). Nel XIX secolo con Hegel e Marx il suo significato cambia in modo profondo e diventa il gemello della società politica (società civile / società politica): se la società politica definisce il campo istituzionale della gestione del potere, la società civile risulta dal mondo di relazioni umane che la precede. In questo senso la società politica si farebbe garante della gestione (come mediazione o soppressione) dei conflitti che agitano la società civile: conflitti economici, ideologici, religiosi. Per Hegel in particolare occupa lo spazio sociale che si estende tra la famiglia e lo Stato. Per Marx società civile è invece la rete delle relazioni economiche e produttive che si instaurano tra i vari soggetti sociali, in particolare tra chi al mercato vende la propria forza lavoro e chi allo stesso mercato la compra. La società politica sarebbe, in questo contesto, l’istituzionalizzazione dei rapporti di forza della società civile.
A due secoli di distanza la nostra idea di società civile risulta essere diretta filiazione dell’opposizione tra società e istituzioni che la governano maturata in sede filosofica. Una cosa che si nota però è che in questa contrapposizione valori e disvalori sono distribuiti in modo molto chiaro: la società politica è quella dei partiti, la casta, un sistema corrotto e parassitario; la società civile è invece il corpo vivo del paese, composta da chi produce la ricchezza e da chi, stando dentro la realtà e non sopra, sa come vanno veramente le cose. A destra come a sinistra, la società civile rappresenta il paese reale contro la burocrazia, il cittadino contro il simbolo di partito e la sua nomenklatura. Non è difficile storicizzare questa svalutazione della politica intesa strettamente come politica istituzionale e questa demonizzazione del partito come corpo estraneo della società e anzi cancro e sanguisuga della sua ricchezza. In Italia la retorica dell’antipolitica – e in essa lo scontro manicheo tra società civile buona e società politica cattiva – è vecchia di decenni e attraversa tangentopoli come momento di sua massima emersione.
Il concetto di società civile non si definisce però solo distinguendosi dallo spazio della politica istituzionale. In un’accezione abbastanza comune società civile viene a significare tutta una realtà sociale, una serie di soggetti e persone, che agiscono fuori dallo spazio del mercato e dalla sua specifica logica (mercato / società civile). Società civile tende allora ad indicare quello che comunemente viene chiamato no profit: associazionismo, volontariato, gruppi informali, comitati… quello che conta in questo senso è la finalità dell’azione che viene messa in campo. Se il mercato agisce per il guadagno individuale (imprenditoriale o di un lavoratore che deve mantenersi), la società civile agisce per interessi collettivi e generali. La società civile allora, per suo stesso statuto, si contrapporrebbe ad una visione puramente liberista del mondo: non crede che il mercato possa essere il parametro unico del buon funzionamento di una società; il radicale cinismo della legge della domanda e dell’offerta dev’essere mediato dai valori che interpretano in modo spassionato gli interessi collettivi.
Nella retorica che tentiamo di descrivere società civile prende significati anche da un’altra contrapposizione, quella con la società incivile (società civile / società incivile). Chi non fa gli scontrini, non paga correttamente le tasse, butta le cartacce a terra e non fa la raccolta differenziata, chi non paga il biglietto del treno. L’aggettivo civile viene allora a descrivere il livello di civiltà, il rispetto delle norme basilari del vivere collettivo. In questa sede l’idea di società civile ha una base valoriale: ci sono dei valori collettivi, dati per assunti che tutti, in quanto appartenenti ad una data società, dovrebbero condividere ma che qualcuno, per egoismo, cinismo o furberia, non rispetta.
Nel suo passaggio da categoria filosofica a parola passepartout della cultura giornalistica la società civile diviene non solamente una categoria analitica, per individuare una certa parte della società, ma un vero e proprio soggetto politico, con un ruolo specifico nelle dinamiche democratiche. Se una democrazia totalmente partecipativa è impossibile e la rappresentanza è un male necessario, la società civile si pone come spazio di partecipazione esterno alla politica istituzionale. I suoi ruoli sono fondamentalmente due: controllare dall’esterno il buon funzionamento dell’istituzione democratica e diffondere una cultura civile, necessaria al buon funzionamento della società e garante della sua tenuta. La società civile diviene allora incarnazione della comunità che agisce per i suoi stessi interessi: uno spazio interclassista, multiculturale, laico e fondato sull’idea che questa società sia un bene non sindacabile. Il fine è quello di garantire un interesse collettivo autoevidente, di fronte al quale ogni conflitto diviene particolarismo e piccolo egoismo corporativo.
Le opposizioni che sono state mostrate (società civile / società naturale; società civile / società politica; società civile / società incivile; società civile / mercato) individuano una significativa porzione di realtà sociale che può spesso funzionare da soggetto attivo del mondo politico: è l’unione dei cittadini della nazione (o del mondo, visto che ad oggi si parla anche di società civile transnazionale, o a livello più basso dei comuni e delle regioni), per il quale la cittadinanza non è una questione di forma ma comporta un ruolo che dev’essere esercitato.
1 reply to 1. Che cos’è la società civile?
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