1.
Partiamo dalle retoriche. L’ultimo trentennio, si dice, è quello in cui la politica ha trovato la propria morte. La forma di associazione partitica, che è anche una concezione della vita e del mondo, ha segnato il passo nel secolo scorso ma sembra ora tramontata. Le strutture di mediazione classiche sono finite, i particolarismi prendono il sopravvento, le visioni ampie e complessive perdono di mordente e l’individuo resta l’estremo e unico termine di paragone.
L’ultimo trentennio, si dice anche, è quello dell’esplosione del volontariato. Dell’incremento del servizio civile, delle associazioni di promozione sociale, dei gruppi di acquisto solidale. Del welfare diffuso e non più statale, della pubblica utilità, delle cooperative sociali. Dei corsi di italiano per stranieri, dei doposcuola gratuiti, della distribuzione di cibo recuperato, degli spazi sociali aperti (spesso con rischi penali); più in generale, di forme di impegno che mettono il mutualismo al centro della propria azione e autorappresentazione.
La società del compiuto consumismo, dell’individualismo del mercato, è anche quella dove nascono nuove forme di solidarietà, contraddittorie e difficili, a volte brutte e sporche come tutto ciò che scende a patti con il mondo. Una struttura economica che prospera sulle disuguaglianze si contrappone a una struttura sociale che prova a porvi rimedio. Naturalmente, le due cose non sono fra loro scisse: la solidarietà è spesso un business, l’economia è anche solidale, sintesi quali il capitalismo etico godono di ampio successo.
2.
Abbiamo dedicato questo numero di Figure alla solidarietà sapendo che il termine racchiude oggetti molto diversi fra loro.
Primo fra tutti, il volontariato: forma di impiego gratuito del proprio tempo, a favore di interessi diversi dai propri o da quelli del proprio gruppo sociale di appartenenza.
Quando un’attività di questo tipo viene compresa all’interno di un progetto politico, o comunque viene concepita come un rapporto interscambiabile, in cui chi è aiutato non si limita a ricevere ma si attiva all’interno di un progetto, si ricomincia a parlare dell’antico mutualismo.
ALL’INTERNO DEI FENOMENI DI EROSIONE DEI DIRITTI SOCIALI CUI IL NUOVO SECOLO HA TENTATO DI ABITUARCI, LA ZONA GRIGIA FRA VOLONTARIATO E LAVORO NEGLI ULTIMI ANNI SI STA PERICOLOSAMENTE ALLARGANDO
Il volontario può anche prestare il proprio servizio in enti del terzo settore, concetto coniato nel 1973 – data emblematica – per indicare il privato con caratteristiche di utilità sociale, di erogazione di welfare, un tempo relegate alla sfera del pubblico; usando una definizione anglosassone, il non profit.
Una diffusa modalità di avvicinamento dei giovani al mondo della solidarietà è quella del Servizio Civile: storicamente legato al rifiuto della leva obbligatoria, si è evoluto in direzione di un’attività parzialmente remunerata che, garantendo lavoro a costi bassissimi, e comunque sostenuti dallo Stato, consente a molte attività solidaristiche, pubbliche e private, di sostenersi.
Ulteriore forma intermedia, ma questa volta fra politica e singolo, è quella del civismo: la società civile, antico concetto liberale, è quella che si muove nell’interesse del paese, della maggioranza, contro i particolarismi ma anche contro le storture della politica istituzionale.
La solidarietà, l’impegno etico e morale a favore dei propri sodali, della propria comunità di appartenenza, godono di un riconoscimento collettivo quando sono spontanei, disinteressati, gratuiti: si inseriscono così in una dinamica di dono del sé, del proprio tempo, che ha una lunga tradizione di collante sociale. Capita, tuttavia, che l’attività solidale si sottragga a questi argini, inserendosi a pieno titolo in una dinamica lavorativa: avviene spesso nelle associazioni, che tendono ad allargarsi, rappresentando una fonte di sostentamento per alcuni associati, e sempre nelle cooperative (in Italia vi sono impiegate circa 1,3 milioni di persone). All’interno dei fenomeni di erosione dei diritti sociali cui il nuovo secolo ha tentato di abituarci, la zona grigia fra volontariato e lavoro negli ultimi anni si sta pericolosamente allargando.
ENORMI ENERGIE SOCIALI SONO ATTIVE ALL’INTERNO DEL VOLONTARIATO, DELLA COOPERAZIONE, DEL SERVIZIO CIVILE, DEL MUTUALISMO: SONO LE MIGLIORI ENERGIE DEL NOSTRO TEMPO
3.
Nella società contemporanea, le forme solidaristiche non rappresentano dunque un fenomeno residuale: piuttosto, costituiscono un tassello fondamentale. Il nostro tempo è, fra le varie cose, quello che più di tutti ha favorito lo sviluppo di reti di soggetti basati non sul bisogno individuale ma su quello comune, sull’idea – che naturalmente ha una lunghissima storia – che non sia giusto pensare solo a sé, impiegare il proprio tempo solo per il proprio interesse. Oppure – ed è la stessa cosa – che la felicità, o l’autenticità, siano cose che si costruiscono insieme, e più grande è questo insieme maggiori sono le possibilità di sviluppo. Cioè che l’uomo sia, per eccellenza, essere sociale.
Non è solo una questione di costruzione del senso della vita di ciascuno. Una parte importante dei servizi pubblici, ma anche, in generale, del lavoro di cura, è affidato a strutture sempre più complesse, di impostazione solidaristica e di utilità sociale, nelle quali le diverse forme di volontariato hanno un peso consistente. Le ambulanze sono guidate da volontari. I quartieri sono ripuliti da volontari. Le biblioteche si reggono sul servizio civile. Le cooperative di utilità sociale hanno un’occupazione promiscua, in cui i lavoratori a tutti gli effetti sono a volte la porzione minoritaria. I festival del libro, della porchetta, della filosofia, dell’asparago si reggono sulla volontaria promozione di un certo prodotto. L’expo di Milano ha potuto funzionare perché migliaia di volontari sono stati coinvolti. Il lavoro di cura, a livello di salute mentale, lotta all’emarginazione, problematiche di genere, contrasto al razzismo, è in mano al terzo settore, che fra l’altro per finanziare le proprie attività conta sempre meno sullo stato e sempre più sul privato. Una simile diffusione, che sostiene capillarmente la società a molti diversi livelli, non sarebbe possibile senza una strutturazione complessa ma versatile, che a partire dagli anni Novanta è stata progressivamente consolidata. Le varie realtà del sociale, spesso nate spontaneamente, sono inquadrate all’interno della rete dei Centri Servizi per il Volontariato, che da quasi trent’anni si occupano di coordinare e amplificare la dimensione della solidarietà in Italia.
Enormi energie sociali sono attive all’interno del volontariato, della cooperazione, del servizio civile, del mutualismo: sono le migliori energie del nostro tempo. In questa direzione si apre la via maestra per coloro che vogliano mettere le proprie ore, la propria intelligenza, le proprie forze al servizio di un miglioramento complessivo della società. Si deve guardare qui quando si vuole immaginare un futuro diverso dal presente, con qualche ingiustizia in meno e un po’ di autocoscienza e solidarietà in più.
4.
Le migliori energie del nostro tempo però non sembrano bastare: la società con il maggior tasso di impegno solidaristico è anche quella in cui il divario fra chi fattura e chi fa la fame continua a crescere, in cui esistono lavoratori di serie A e di serie B – non diciamo cittadini, poiché i secondi spesso la cittadinanza non la posseggono –, in cui il disagio mentale e sociale è a stento tenuto sotto controllo grazie all’impiego sempre più massiccio della chimica. La domanda si pone in questi termini: consideriamo la disuguaglianza, e l’impossibilità di vivere una vita autentica che ne deriva, come un male storico, quindi almeno in parte derivato dalle condizioni in cui si nasce; oppure come un male inevitabile, cui deve esser continuamente posto rimedio senza speranza di vero cambiamento? Le forme in cui si esprime la grande ondata contemporanea di solidarietà sembrano riflettere la seconda ipotesi: non è possibile cambiare il mondo, il massimo che si può fare è mettere una pezza ai problemi dell’oggi; la vita di qualcuno sarà migliore, il gelo sarà allontanato per una notte dai corpi degli ultimi. La solidarietà, insomma, oggi mette una serie di toppe, anche molto estese e spesse, ma alla domanda: «è possibile costruire una società più giusta?» sembra distogliere lo sguardo, o demandare ad altri (ma chi?) la risposta.
(Dobbiamo, a questo punto, ricordare cose scontate. Il magnifico, gratuito dispendio di energie, che fa dell’Italia un paese seriamente impegnato nella solidarietà, non ci deve far ignorare che la solidarietà è anche un business, che spesso la forma cooperativa copre lo sfruttamento dei lavoratori, che ogni ora di volontariato è un’ora di stipendio non percepito. Il capitalismo, che negli ultimi anni non per nulla si autodefinisce etico, è versatile, in grado di assorbire molto di ciò che ne potrebbe contestare le fondamenta).
LE MIGLIORI ENERGIE DEL NOSTRO TEMPO PERO’ NON SEMBRANO BASTARE
5.
L’impegno volontario che mira a cambiare complessivamente, non importa di quanto, la società in cui si vive è la politica. La dimensione politica porta a identificare dei conflitti, sul piano lavorativo, sociale, di genere, e a pensare un superamento mediante contrapposizioni e mediazioni. Conflitto non significa necessariamente violenza né scontro, quanto riconoscimento e azione dei rispettivi rapporti di forza. Se ad esempio le questioni di salute mentale si fanno pressanti, possono determinarsi due tipi di risposte: l’aiuto immediato o l’identificazione e la lotta contro i fattori che determinano socialmente l’insorgenza del disagio psichico (per dire: disoccupazione, ludopatie, distruzione del tessuto sociale, solitudine, individualismo ecc.). Fra le due modalità di risposta corre una profonda differenza di idee rispetto a quale sia il margine e l’obiettivo dell’azione individuale nella società.
Mettere una toppa o rivoltare la struttura? Se la disoccupazione porta al collasso intere regioni, come è stato nel 2008 e come forse sarà di nuovo a breve, istituire mense per i poveri o organizzare le rivendicazioni comporta un’idea diversa di azione nel mondo. Le due cose, però, possono stare assieme: ultimamente per definirne la coesistenza si impiega il termine di mutualismo.
Il termine nasce nel corso dell’Ottocento, quando l’assenza di soggetti politici seriamente organizzati faceva sì che, in contrapposizione alle forme di sfruttamento estremo del lavoro salariato, i dipendenti immaginassero forme inedite di solidarietà: le associazioni mutualistiche e le cooperative nascono in questo momento un po’ in tutta Europa, come atto necessario di resistenza attiva. A un secolo e mezzo di distanza, la mancanza di un soggetto organizzato e di chiare linee di lettura del presente lasciano spazio nuovamente a tentativi simili, che a tastoni sondano nuove possibilità di agire la solidarietà.
6.
Per cambiare di un filo il mondo che ci è arrivato in mano le energie che sempre più si sviluppano attorno a pratiche di solidarietà avranno una grande importanza. Non si tratta solamente di impegno individuale, oggi stanno nascendo strutture solide, interi gruppi maturano la capacità di agire il mondo, vengono formulate analisi e strategie di azione solidale. Una nuova politica che chiuda i conti con la nostalgia degli anni Settanta e guardi al proprio presente può nascere solo se tiene un occhio su questo mondo: mettendone in luce le contraddizioni ogni volta sia necessario, certo, ma anche comprendendo l’enorme precipitato che è sedimentato nelle forme contemporanee che la solidarietà assume.
OGGI STANNO NASCENDO STRUTTURE SOLIDE, INTERI GRUPPI MATURANO LA CAPACITA’ DI AGIRE IL MONDO, VENGONO FORMULATE ANALISI E STRATEGIE DI AZIONE SOLIDALE
Oltretutto, il mondo della solidarietà è anche l’unico nel quale, dalla fine della prima Repubblica, si siano create forme di organizzazione stabili, solide, che si sostengono autonomamente, che contribuiscano a costruire strutture in grado di dare senso all’esistenza. Al di là delle affermazioni di principio, non si attacca il capitale armati della sola volontà, o delle armi spuntate della retorica o dei social network: senza un radicamento, che è anche dimostrata capacità di agire, non si va da nessuna parte.
7.
L’organizzazione è necessaria. L’autonomia e lo spontaneismo, per cui il mondo cambierebbe – ma chi sceglierà la direzione? – in seguito all’ondata rivoluzionaria di autoproclamate moltitudini sono nocive illusioni. Per ottenere un impatto sul mondo è necessario ragionare in rapporti di forza durevoli e impugnabili, oppure – ma non è molto diverso – bisogna costruire subito dei modi di vivere, dei rapporti fra gli uomini nei quali ci sia un controllo maggiore sulla propria esistenza intima e sociale. E poi proporli come espandibili, egemoni.
In questo senso, ma su un piano diverso, l’idea che esista una possibilità di intervento nello spazio pubblico senza organizzazione, attraverso il puro spontaneismo, è un’eredità del ’68 che oggi si è rivelata inverosimile. Parliamo in questo numero dell’anno dei girotondi, il 2002, di come fosse il frutto di una sincera passione civica, con alla base forti spinte solidaristiche; di come il tentativo sia tragicamente naufragato, lasciando l’Italia in mano a Berlusconi per altri tre anni; avendo poi come ultima non banale ricaduta la nascita del Movimento 5 Stelle. Un discorso simile si potrebbe fare, ma non qui, sulla cometa che fra 2019 e 2020 attraversa la politica italiana, le Sardine di Mattia Santori.
8.
A chi (come noi) fa politica dal basso oggi, allora, chiediamo di osservare, umilmente, cosa si sviluppa nel mondo. Deve saper cogliere i movimenti, i giacimenti di energia, ricordando che la fratellanza, cioè il riconoscimento fra uguali, è la base ineliminabile di un mondo diverso.
A chi (come noi) si muove ogni giorno fra le tante forme della solidarietà di cui parliamo, proponiamo invece di riflettere su cosa stia facendo, di immaginare come ogni sua azione possa essere un seme di futuro, di un mondo diverso, ma anche di osservare come le contraddizioni che vive siano difficili da sciogliere in una società che poggia sull’ingiustizia. Come la pezza che si mette oggi sarà logora domani. C’è davvero da chiedersi: ha senso?
Naturalmente ha senso. Dedichiamo questo numero a chi ogni giorno si sbatte per cambiare un pochino il mondo, senza ricompensa se non nell’affetto e nella forza di chi ha intorno.
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